Ferenc Snétberger

Local Management, Italy

Conosciuto in tutto il mondo per la voce unica e inimitabile della sua chitarra, Snétberger ha creato un universo sonoro dagli stili diversi, che fonde influenze classiche e jazz. Le sue composizioni sono dialoghi senza soluzione di continuità tra le varie tradizioni musicali che tocca, dalle melodie gitane autoctone, alle tecniche della chitarra flamenco, dai ritmi della samba ai capolavori senza tempo di J.S. Bach.

 

“Non è esagerato dire che “Hallgató” capovolge l’esperienza dell’outsider, creando un’alt-alterità che unisce abilmente elementi ungheresi, ebraici, zingari, latini, anglo-elisabettiani, russi e americani nella celebrazione/commemorazione della differenza e dell’appartenenza, sia elegiaca che estatica. Questo è il terzo disco del versatile compositore e chitarrista ungherese Ferenc Snétberger per la ECM, dopo l’album di recital da solista “In Concert” e l’uscita in trio jazz con “Titok”. Qui lo troviamo in coppia con gli ungheresi del Keller Quartet e con il bassista Gyula Lázár”.

William Yeoman

Nato nel 1957 nel nord dell’Ungheria, il chitarrista/compositore Ferenc Snétberger è il figlio più giovane di una famiglia di musicisti. Il padre, anch’egli chitarrista, divenne presto il suo modello. Snétberger, che ha studiato musica classica e chitarra jazz, oggi è conosciuto soprattutto per la sua arte nell’improvvisazione, con cui supera ogni confine stilistico. La sua musica si ispira alla tradizione rom del suo paese d’origine, alla musica brasiliana e al flamenco, oltre che alla chitarra classica e al jazz. Ha realizzato numerosi album come leader, co-leader e sideman e ha effettuato tournée in tutta Europa, Giappone, Corea, India e Stati Uniti.

Nel 1995 ha composto il suo Concerto per chitarra e orchestra, “In Memory of My People”, in occasione del cinquantesimo anno dalla fine dell’olocausto. Ispirato alle melodie della tradizione gitana, il concerto è una potente dichiarazione contro la sofferenza umana. È stato eseguito dallo stesso compositore con diverse orchestre in Ungheria, Italia e Germania e anche presso la sede delle Nazioni Unite di New York (Giornata internazionale della memoria dell’Olocausto, 2007).

Ferenc Snétberger ha eseguito la Sequenza XI di Luciano Berio (per chitarra sola) e i concerti per chitarra di Vivaldi, Rodrigo e John McLaughlin. Ha scritto anche musica per il cinema e il teatro e nel 2002 è stato nominato cittadino onorario della sua città natale e due anni dopo ha ricevuto l’Ordine al Merito ungherese. Nel 2005 ha ricevuto il Premio Ferenc Liszt a Budapest, nel 2013 il Prima Díj, nel 2014 il Kossuth Díj.

Nel 2004 Snétberger ha fondato un nuovo trio con il leggendario bassista norvegese Arild Andersen e il batterista/percussionista italiano, di base in Norvegia, Paolo Vinaccia. Esprimendosi ai massimi livelli, i tre mettono insieme composizioni scelte con cura, abilità tecniche, slancio improvvisativo e fantasia musicale. Pubblicato nell’autunno 2005, il loro album di debutto “Nomad” è stato accolto con entusiasmo dalla critica e dagli ascoltatori.

La collaborazione con Markus Stockhausen inizia nel 1999 con “Landscapes”, una suite in duo registrata per l’album “For My People”. In tre movimenti, i musicisti creano immediatamente un linguaggio proprio, mostrando il loro talento in modo sorprendente. Otto anni dopo, che Snétberger e Stockhausen hanno trascorso stimolandosi a vicenda, il loro album in duo “Streams” dimostra l’evoluzione della propria collaborazione.

Nel 2011 Snétberger ha fondato lo Snétberger Musical Talent Center (www.snetbergercenter.org), per l’educazione musicale di bambini provenienti da ambienti svantaggiati.

Il 2016 ha visto l’uscita dell’ultimo album solista di Snétbergers, In Concert, e un anno dopo il nuovo album del nuovo trio, Titok, con Anders Jorman al basso e il batterista Joey Baron per la prestigiosa etichetta ECM records. Il suo ultimo album Hallgató è stato pubblicato nel 2021 per ECM New Series.

“Una straordinaria collaborazione tra il veterano chitarrista ungherese Ferenc Snétberger e il quartetto d’archi di András Keller, che ci porta attraverso sei secoli di musica – dalle dolci ambientazioni delle composizioni per liuto di John Dowland ai classici modernisti di Shostakovich e Samuel Barber, oltre ad alcuni pezzi di oscura eleganza dello stesso Snétberger”. 

John Lewis, Guardian

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